La
relazione di Domenico Melillo,
presidente di Cruna
Intervento al convegno–dibattito
sull’inquinamento elettromagnetico a Macerata Campania, promosso
dalla segreteria cittadina dei Socialisti democratici italiani
Premessa…
Vorremmo, innanzitutto, ringraziare il segretario
dello Sdi, Franco Di Riso, per aver invitato Cruna al dibattito
di questa sera. Cruna nasce a Recale come comitato cittadino nell’ottobre
del 2003 proprio con l’intento di sensibilizzare l’opinione
pubblica sui possibili rischi legati all’esposizione ai campi
elettromagnetici. Oggi, siamo un’associazione onlus impegnata
su diversi temi ambientali in vari comune della Provincia, ma la
lotta contro le multinazionali della telefonia mobile resta uno
dei nostri obiettivi primari. Lotta da condurre, a nostro parere,
non “rinchiusa” in ambito strettamente locale ed estesa
a quanti più soggetti è possibile, sia essi istituzionali
sia essi politici che sociali.
I Socialisti democratici ci hanno chiesto di
esprimere un parere sul regolamento che disciplina l’istallazione
e il funzionamento delle cosiddette stazioni radio–base approvato
dal consiglio comunale di Macerata il 28 luglio di quest’anno.
Lo faremo fra un istante. Prima, però, è opportuno
proporvi delle considerazioni, in parte già accennate dai
relatori che ci hanno preceduto.
Oggi in Italia…
Riteniamo che le crociate contro il progresso,
oltre che inutili, siano dannose, e che immaginare un mondo senza
telefonini sia fuori dal tempo. Pretendere una tecnologia che anteponga
la sicurezza del cittadino all’interesse economico è,
al contrario, una rivendicazione legittima e attuale. In Italia
esiste una contraddizione: lo Stato, da un lato, è il difensore
esclusivo della salute, diritto costituzionalmente sancito, e, dall’altro,
è il soggetto che concede l’etere ai gestori, incassando
milioni di euro.
Questa ambiguità è dimostrata dal
susseguirsi di decreti, leggi e di sentenze della Corte Costituzionale
che, di volta in volta, privilegiano il primo aspetto a discapito
del secondo, e viceversa. È ovvio che solo il Legislatore
può dissolvere questa contraddizione, non impedendoci di
comunicare con i cellulari, intendiamoci, ma obbligando i gestori
ad utilizzare tecnologie, peraltro esistenti, che riducano al minimo
gli effetti invasivi, ormai ammessi anche dalla comunità
scientifica, prodotti dai campi elettromagnetici.
La materia, attualmente, è regolata dal
Codice delle comunicazioni elettroniche, che, equiparando i ripetitori
alle opere di urbanizzazione primaria, ha riconosciuto alle antenne
un’utilità pubblica pari a quella degli acquedotti
e delle fogne, togliendo agli enti locali gran parte delle possibilità
di intervenire sui propri territori.
Nonostante queste limitazioni, però, nel
luglio scorso, la Corte Costituzionale, pur rigettando una serie
di ricorsi contro il Codice, ha ribadito che i Comuni, insieme alle
Regioni, possono porre dei limiti alla localizzazione delle stazioni
radio–base. In che modo? Adottando un regolamento. Non facendoselo
prestare dal Comune limitrofo, però, o scaricandolo da internet,
come spesso accade. Ma cercando di concepirlo a misura della propria
realtà, sfruttando i pochi varchi che la normativa concede.
Regolamento, Impianto normativo…
Abbiamo esaminato con molta attenzione il regolamento
di Macerata, e il testo, ci dispiace dirlo, presenta una serie di
limiti, forse indotti dall’urgenza di riempire un pericoloso
vuoto amministrativo.
Pur essendo stato adottato pochi mesi fa, il
regolamento si poggia, ad esempio, su un impianto normativo vecchio
di almeno quattro anni. Gli unici due riferimenti sono il Decreto
interministeriale 381 del 10 settembre 1998 e la Legge quadro 36
del 22 febbraio 2001. Dal 2001 ad oggi qualcosa è cambiato.
Il Decreto 381 è stato sostituito dal
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio
2003, che fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione
e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione.
Mentre la Legge quadro 36, anche se resta in vigore, va integrata
con le disposizioni contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche
approvato il 1 agosto 2003, un testo articolato e complesso che
disciplina l’intera materia.
Finalità…
All’articolo 1, poi, con il quale si dichiarano
le finalità del regolamento, ci si propone di accorpare su
strutture di supporto comuni, o quantomeno all’interno di
un unico sito, le varie stazioni radio–base. L’obiettivo
è condivisibile, ma, poiché questo punto ha fatto
la fortuna dei gestori nei ricorsi amministrativi, converrebbe estrapolarlo
dalle finalità ed inserirlo in un articolo apposito, la cui
possibile invalidazione non pregiudicherebbe l’intero regolamento.
Nelle finalità sarebbe opportuno, invece,
inserire alcune linee guida generali, come favorire le installazioni
a basso impatto ambientale; garantire un’informazione trasparente
alla cittadinanza; attuare un controllo dei livelli di esposizione
ai campi elettromagnetici; promuovere, anche di concerto con i gestori,
programmi di riqualificazione e risanamento delle aree interessate
dagli impianti.
Si potrebbe, inoltre, pensare di istituire, qualora
vi fossero proventi derivanti dalla locazione di immobili comunali,
un fondo speciale da utilizzare per finanziare progetti di riqualificazione
urbana e screening sanitari.
Nuove istallazioni e Commissione tecnica…
L’individuazione delle aree destinate
all’istallazione dei nuovi impianti non può essere
effettuata, così come prevede l’articolo 5, dopo la
presentazione delle richieste dei gestori, perché, banalmente,
mancherebbero i tempi tecnici. Il regolamento deve, quindi, prevedere
una scadenza entro la quale la commissione indicata nell’articolo
6 definisca uno o più siti idonei.
Come pure la stessa commissione non può
essere istituita in funzione delle istanze dei gestori, ma deve
avere un carattere permanente e deve essere integrata con una rappresentanza
dei cittadini e con una componente tecnica qualificata. Anche perché
alla commissione spetterebbe il difficile compito di individuare
i siti idonei nei termini stabiliti, negoziandone l’ubicazione
con i gestori, nell’interesse della comunità. Un dovere
da compiere, secondo noi, avvalendosi della consulenza di esperti,
come quelli della facoltà di Scienze Ambientali della Seconda
Università di Napoli, tra i pochi in Italia a studiare il
fenomeno dei campi elettromagnetici.
Al fine di garantire la massima tutela dei soggetti
particolarmente sensibili, il regolamento deve contemplare un articolo
che, facendo riferimento agli obiettivi di qualità previsti
dalla Legge quadro 36, escluda la possibilità di installare
antenne sopra, o nelle immediate vicinanze, di edifici scolastici,
strutture sanitarie ed altri siti simili.
Impianti esistenti…
Rispetto agli impianti esistenti si apre una
problematica delicata. Non possiamo prefigurare un doppio regime,
in cui gli operatori che hanno già collocato i propri impianti
sul territorio godano di condizioni diverse rispetto a quanti presenteranno
la richiesta dopo l’auspicata modifica del regolamento.
Noi proponiamo che l’Amministrazione comunale,
attraverso la commissione tecnica, promuova una specifica concertazione
con i gestori per concordare la razionalizzazione ed il risanamento
degli impianti che non risultano conformi alle prescrizioni del
testo, anche attraverso la loro dislocazione. Qualora non vi fossero
margini di accordo, la commissione valuta se sussistano le condizioni
urbanistico–ambientali per avviare un ricorso legale.
Controlli…
L’esperienza sul campo ci ha insegnato
che i controlli saltuari operati dall’Arpac, pur indispensabili,
non garantiscono un adeguato monitoraggio dei livelli di esposizione
ai campi elettromagnetici. Particolari condizioni di esercizio,
anomalie temporanee o l’interazione di emittenti diverse,
possono determinare picchi di emissioni che sfuggono alle rilevazioni.
Sull’esempio del Comune di Caserta, raccomandiamo l’adozione
di centraline che rilevino continuamente i valori dell’esposizione
alle onde elettromagnetiche sul territorio, offrendo anche una precisa
informazione ai cittadini.
Conclusioni…
In conclusione, vogliamo sottolineare che il
miglior regolamento comunale non è un’arma sufficiente
per mettersi al sicuro dai rischi. La rete per le telecomunicazioni,
per sua natura, si estende necessariamente su una dimensione più
vasta dei pochi chilometri quadrati su cui si estende Macerata o
Portico o Recale, e risponde ad una logica territoriale sovracomunale.
La ricerca del miglior equilibrio fra le esigenze
della telefonia e il diritto imprescindibile alla sicurezza dei
cittadini deve, dunque, adeguarsi a questa dimensione: i piani di
copertura dei gestori possono efficacemente essere discussi almeno
a livello di comprensorio. In questo quadro, è positivo l’orientamento
dell’amministrazione provinciale di offrire ai Comuni linee
guida in materia di telecomunicazioni nell’ambito dell’applicazione
della Legge regionale 16 del 2004 sull’urbanistica.
Anche i cittadini, con la costellazione di comitati
spontanei sorti in quasi tutti i comuni, devono raggiungere nuovi
livelli di organizzazione e di coordinamento. Il senso della nostra
presenza qui stasera vuole essere anche questo: non basta mobilitarsi
contro l’antenna che sorge sul tetto del vicino in via Rovereto,
in via Trieste o in via De Amicis, dobbiamo, invece, unire le nostre
forze sia per confrontarci efficacemente con i gestori della telefonia
sia per ottenere modifiche della legislazione che tutelino realmente
la nostra salute.
Grazie.
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