«Non volevo fare la guerra, e ancora non volevo farla nemmeno quando vidi il mio amico sloveno Krainz preso dai nazisti e trascinato via, verso un campo di concentramento, destinato a morte certa, solo perché era sloveno (...) Io ero figlio di un terùn di Recale, vicino Caserta, Bartolomeo, che a 19 anni aveva combattuto per queste terre e lì, a Savogna d’Isonzo, aveva trovato il lavoro e l’amore di mia madre slovena, Maria Vuk. Nella mia famiglia non si facevano distinzioni.»
Iniziano così i ricordi che Vincenzo “Vinko” Marino ha affidato al figlio Milan e alla nipote Milica poco prima di concludere la sua vita semplice e straordinaria. Il padre di Vinko, Bartolomeo Marino, era nato a Recale e, spedito giovanissimo a combattere, «aveva già vissuto i massacri della prima guerra mondiale, la vita infame e fetida in trincea, le decimazioni dei suoi commilitoni del Sud solo perché non capivano gli ordini degli ufficiali del Nord...»
Trent’anni dopo, anche Vinko, che non voleva fare la guerra, viene travolto dal vortice di barbarie in cui i nazifascisti hanno trascinato l’Europa. Dopo l’8 settembre si unisce a una formazione di partigiani sloveni e inizia la sua guerra di resistenza, spinto da «una rabbia che con la forza della giovinezza ti può spingere a fare di tutto, dopo che avevo perso uno, due, più amici, solo perché erano sloveni. Allora decisi che i nazisti e i fascisti l’avrebbero pagata...»
Seguono duri mesi di feroci lotte, una ferita, una vita di stenti e sofferenze in cui «pensavamo solo a combattere, uccidere e salvarci con la violenza che hanno gli animali feriti». Finita la guerra, Vinko decide di restare nel Paese per cui aveva combattuto, entra nell’esercito jugoslavo, si sposa e può finalmente godere la tranquilla felicità a cui aspirava da sempre. Negli anni ‛90, la dissoluzione della Jugoslavia, oltre a segnare la fine degli ideali giovanili di Vinko, gli riserva un beffardo epilogo: lui che per tanti anni aveva vissuto benissimo senza passaporto, si è trovato ad essere di volta in volta italiano, jugoslavo, sloveno e, in ultimo, serbo.
«L’avventura di vita di questo partigiano – commenta Angelo Anemola, dirigente del circolo PD di Recale – è per noi una straordinaria fonte di riflessione e di comprensione del contesto storico in cui tanti giovani italiani hanno maturato la scelta di prendere le armi per liberare il nostro Paese dal regime fascista e dall’occupazione tedesca e per conquistare la libertà democratica pagandola con i propri sacrifici, con il sangue, la tortura e spesso anche con la vita. Le sue origini recalesi e la sua semplice e spontanea umanità ce lo fanno sentire vicino. Nella giornata dedicata alla Liberazione dal nazifascismo – conclude Anemola - mi sembra importante dedicare un pensiero a Vinko Marino, il partigiano che non riusciva a capire come tante persone potessero essere morte per rivendicare questa o quella nazionalità, perché nella sua famiglia non si facevano distinzioni».
“Vinko” Marino si è spento a Pancevo, in Serbia, il 12 giugno 2015 a 88 anni.
Questa nota si basa sulle notizie riportate da Biagio Carrano, L'ultimo partigiano - Storia di Vincenzo (Vinko) Marino, che scelse la Jugoslavia e cambiò tre nazionalità, pubblicato originariamente in (link non più disponibile).